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La resilienza
LA RESILIENZA
La resilienza è una proprietà meccanica, definita come l’energia assorbita da un corpo durante una deformazione elastica.
La resilienza, detta in inglese “impact toughness” o “impact strength”, è quindi la capacità di un materiale di resistere ad urti, fino a rottura, assorbendo energia con deformazioni elastiche e plastiche.
Tale grandezza non va confusa con la duttilità, ossia la capacità del materiale di assorbire energia di deformazione plastica. E’ proprio questa la caratteristica che ritarda e riduce la nucleazione delle cricche e che deriva dalla bontà dei processi metallurgici che hanno portato alla fabbricazione del metallo. Questa caratteristica si può verificare usando provette senza intaglio tipo KVW.
I fattori che favoriscono la nucleazione sono tipicamente le inclusioni non metalliche (solfuri, ossidi, silicati) e segregazioni che fungono da inneschi. Ecco perché si impiegano soventemente acciai rifusi.
La velocità di propagazione di una cricca, invece, si può quantificare con la prova di resilienza KV che è influenzata dalle caratteristiche microstrutturali dell’acciaio, che sono introdotte con il trattamento termico.
LA PROVA DI CHARPY
La resilienza viene valutata, nella pratica degli esami di laboratorio, tramite la prova di Charpy, misurando l’energia necessaria a rompere, in un sol colpo, il provino del materiale in esame.
L’energia assorbita viene espressa in Joule [J] e questo valore rappresenta la resistenza agli urti del materiale.
La provetta standard presenta una lunghezza di 55mm e una sezione quadrata di 10mm.
L’intaglio delle provette può essere:
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KV: intaglio a V di 45°, profondo 2 mm, come da UNI EN 10045/1;
sono previste, in caso di scarso materiale disponibile, anche provette con sezione ridotta aventi larghezza 7,5mm o 5mm e con intaglio su una delle facce più strette
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KU: intaglio a U, profondo 5 mm, come da UNI EN 10045/1;
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KVW: senza intaglio (misura della duttilità).